Il Giorno del Ricordo
L’ITALIANIZZAZIONE DELLA POPOLAZIONE SLAVA
Il Giorno del Ricordo e’ stato istituito con la Legge 30.3.2004 n. 92,nell’anniversario del Trattato di Pace di Parigi del 10.2.1947, per commemorare le vittime delle foibe del 1943-1945 e l’esodo giuliano dalmata del secondo dopoguerra.
Però, per capire cosa è accaduto in Istria con le foibe nel 1943-1945, è necessario conoscere bene anche la “storia precedente”, almeno a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale, per capire la “realtà dei fatti” e la “concatenazione storica” degli eventi che si sono succeduti in quel ventennio.
Non si tratta di “riscrivere” la storia, ma di raccontare tutto quanto è accaduto, anche quando la storia è “scomoda e dolorosa”, non sottacendo quindi le responsabilità del nostro Paese, governato in quel periodo dal regime fascista, che ha perseguitato per un ventennio la popolazione slovena e croata (come anche quella tirolese,in Alto Adige), che abitava nei territori annessi dopo la Prima Guerra Mondiale.
Infatti, con il Trattato di Rapallo del 21 novembre 1920, vengono annessi territori già austriaci, con circa 500.000 croati e sloveni (che nei centri agricoli rappresentano la quasi totalità della popolazione), nei cui confronti e’ attuata subito una politica di “italianizzazione forzata”, con la negazione dei diritti fondamentali, a partire dalla limitazione dell’uso della lingua slovena e croata, sia nelle scuole che negli uffici, che sarà poi vietata nel periodo fascista, con la Legge Gentile.
In particolare,iI fascismo impone agli slavi, in base a principi razzisti della “superiore civilta’ italiana” :
-il divieto dell’uso della lingua serba e croata e lo studio solo dell’italiano nelle scuole, con la chiusura di quelle locali ed il trasferimento ed il licenziamento dei docenti di madrelingua slava;
- l’obbligo dell’italiano negli uffici pubblici;
- l’epurazione nei posti di lavoro pubblici;
- l’italianizzazione delle citta,’con il trasferimento in esse di migliaia di italiani;
- l’italianizzazione della toponomastica e dei cognomi.
Inoltre, le squadre fasciste devastano le sedi delle associazioni culturali, politiche, sociali, economiche e sportive slave, che si oppongono alla “italianizzazione” .
A Trieste, nel luglio 1920, e’ incendiato il Narodni Dom,sede delle Associazioni locali slave.
La repressione del dissenso politico e’ durissima. Il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, dal 1927 al 1943, celebra 113 processi a slavi, con 544 imputati, di cui 476 condannati a 4.893 anni di carcere e 33 condanne a morte (su un totale di 42).
GLI ECCIDI NAZIFASCISTI
Durante la Seconda Guerra Mondiale c’è una dura occupazione nazifascista che comporta una dura “oppressione” verso la popolazione jugoslava, con eccidi collettivi da parte delle truppe tedesche ed italiane, dei collaborazionisti ustascia croati e dei cetnici serbi, alimentando l’odio etnico e religioso tra le diverse etnie jugoslave, con circa un milione e mezzo di morti, il 10% della popolazione.
Circa 250 villaggi sono incendiati dalle truppe italiane, con esecuzioni sommarie ,fucilazioni di ostaggi ed arresti e deportazioni di massa di civili considerati “pericolosi”, perchè accusati o sospettati di attività nazionaliste, nei Campi di internamento, istituiti dai Militari in numerose localita’, ed anche in Italia dal Ministero dell’Interno. Complessivamente, i civili jugoslavi internati, sono circa 100.000, di cui il 10% muore nei Campi per gli stenti e le malattie. Il Campo più duro è allestito nell’isola di Arbe (Rab) in cui sono internati, in un anno, oltre 15.000 persone,
LE PRIME “FOIBE” DEL 1943 CONTRO I FASCISTI ED I COLLABORAZIONISTI
L’Armistizio dell’8 settembre 1943, conseguente alla caduta del regime fascista, comporta la disgregazione delle Istituzioni locali e la fuga dei fascisti,per timore di ritorsioni e rappresaglie per le violenze inferte alla popolazione sia prima che durante la guerra.
Al momento dell’Armistizio, vaste zone del Friuli,della Venezia-Giulia,della Slovenia e dell’Istria sono occupate dai partigiani sloveni,croati e italiani.
Il Fronte di liberazione sloveno e croato annette Trieste e Gorizia alla Slovenia liberata e Pola e Fiume alla Croazia libera. A questo punto,soprattutto in Istria, si scatena la “resa dei conti” contro i tedeschi, i fascisti ed i loro collaborazionisti. Circa 600 persone,accusate di “crimini di guerra”,sono processate e fucilate dai partigiani e quindi i loro corpi sono gettati nelle foibe (usate da sempre come comodo luogo di sepoltura,anche nella Grande Guerra). Nel contempo, decine di migliaia di nostri soldati sono salvati, sia dai partigiani titini, con i quali combattono contro i nazisti, sia dalla popolazione slava.
L’OCCUPAZIONE NAZISTA
Nel settembre 1943, inizia l’occupazione nazista ed il 1 ottobre e’ costituita la “Zona di operazioni Litorale Adriatico”, che viene annessa al Terzo Reich ( e quindi diventa parte della Grande Germania).Il Governatore ( Gauleiter) e’ Frederich Reiner mentre ed il Comandante delle SS e’ il Gen. Odilo Globocnik, responsabile del genocidio di oltre 1.500.000 ebrei europei nei Campi di sterminio dell’Operazione Reinhardt (Belzec, Chelmo,Sobibor e Treblinka) attivi dal 1941 al 1943.
I nazisti,aiutati dai cetnici serbi, dagli ustascia croati e dai fascisti della neonata Repubblica Sociale Italiana –RSI, attuano una cruenta repressione,con la devastazione di molti villaggi.
A Trieste, nella risiera di S. Sabba e’ allestito dai nazisti un campo di sterminio,in cui sono trucidati oltre 3.000 persone (in gran parte oppositori politici e partigiani,ma anche decine di ebrei…).
La Resistenza ai nazisti e’ attuata dall’Esercito popolare di liberazione jugoslavo (Eplj,diretto da Tito),dal Corpus Sloveno e dai partigiani italiani delle Divisioni Garibaldi Friuli, Natisone e Trieste e da altre formazioni minori ( costituite da nostri soldati che non si sono arresi ai tedeschi dopo l’8 settembre ), che collaborano con i partigiani jugoslavi, meritando l’ elogio di Tito per il loro impegno.
Tra la fine di aprile ed il 1 maggio 1945,i partigiani italiani e slavi liberano tutto il Friuli .
LE FOIBE DEL MAGGIO-GIUGNO 1945
Il 1 maggio 1945, i militari e partigiani jugoslavi entrano a Trieste, anticipando gli Inglesi nella cosiddetta corsa per Trieste, e vi rimangono fino al 12 giugno,quando,in seguito ad un accordo con gli Alleati, si ritirano da Trieste e da Gorizia ( che entrano a far parte della Zona “A”, soggetta all’Amministrazione Alleata). La città di Pola e’ occupata dal 5 maggio al 20 giugno 1945 dagli jugoslavi,che rimangono in Istria e a Fiume ( che fanno parte della Zona “B”,soggetta alla loro amministrazione).
La cruenta resa dei conti ,da parte degli jugoslavi, colpisce di nuovo non solo i neofascisti della RSI (soldati,poliziotti, funzionari..) ed i loro collaborazionisti ( come nel settembre 1943), ma anche tutti coloro che “si oppongono all’annessione del territorio alla Jugoslavia”, compresi gli slavi e anche i partigiani italiani non comunisti (sono colpiti anche i partigiani comunisti che si oppongono al progetto titino di annessione). Pertanto, si è trattato più che di una “pulizia etnica” contro gli italiani, di una “epurazione politica”, altrettanto esecrabile, con la eliminazione di tutti coloro (anche comunisti italiani) che si opponevano all’annessione alla Jugoslavia.
Circa 5.000 persone (e non decine di migliaia, come indicano le fonti nazionaliste istriane e dalmate) sono uccisi e gettati nelle foibe.
L’ESODO GIULIANO-DALMATA
Il “primo esodo di massa” si ha subito dopo la fine della guerra,nel maggio 1945.Infatti, la maggior parte degli italiani ( il 90% nelle città) decide di partire dai territori occupati dagli Jugoslavi (Istria e Dalmazia),che sono annessi definitivamente alla Jugoslavia con il Trattato di Pace di Parigi del 10 gennaio 1947.
Gli italiani che “decidono” di restare, perdono la cittadinanza italiana e non acquisiscono quella jugoslava (diventano così apolidi).
Gli italiani che decidono di partire, devono lasciare tutti i beni immobili e mobili (comprese le suppellettili di casa…), che sono incamerati dallo Stato Jugoslavo come risarcimento dei danni di guerra, ammontanti a 125 milioni di dollari del tempo.
Lasciano la Jugoslavia anche molti slavi (di cittadinanza italiana) che non ne condividono la politica comunista.
Un nuovo esodo si verifica in seguito al Memorandum di Londra del 1954,che assegna la Zona B di Trieste alla Jugoslavia e si conclude verso il 1960.
Complessivamente, oltre 250.000 istriani-giuliani-dalmati di lingua italiana, hanno lasciato le loro case.
Tra le cause dell’esodo ci sono:
- la paura di ritorsioni;
- la “slavizzazione”del territorio;
- la repressione del dissenso (anche slavo);
- il clima della “guerra fredda” tra l’Est e l’Ovest;
- il desiderio della popolazione italiana (ed in parte anche slava) di fuggire dalla Jugoslavia, retta da un regime totalitario.
L’Opera Assistenza ai Profughi, istituita dal Governo italiano, ha allestito in Italia un centinaio di “campi” per i profughi, che poi si insediano in varie Regioni (specie nel Triveneto). Circa 80.000 profughi sono emigrati in altri Paesi ( soprattutto Nord e Sud America).
I CRIMINI DI GUERRA ITALIANI SONO RIMASTI “IMPUNITI”
Nel dopoguerra,i “crimini di guerra” compiuti dai nostri Militari non sono stati valutati in maniera “oggettiva”,per i danni in vite umane che hanno comportato alla popolazione locale, ma sono stati messi a confronto con i crimini compiuti dai nazisti, più gravi.
Si è così alimentata la teoria del fascismo che è stato un “male minore” rispetto al nazismo, ed il mito del “bravo italiano”, che non si è macchiato di crimini,ma anzi ha aiutato la popolazione locale, che è diventato un “luogo comune”, recepito dalla classe politica e dalla popolazione ( grazie anche alla cinematografia).
La Commissione ONU per i Crimini di Guerra, istituita nel 1943 ha raccolto moltissimi documenti sui “crimini” compiuti dalle nostre truppe in Africa e nei Balcani ,in nome della “superiore civiltà italica” e della nostra “missione civilizzatrice”,che hanno comportato la morte di circa 100.000 Libici,300.000 Etiopi,100.000 Greci e 250.000 Jugoslavi.
Nel 1989, la BBC inglese ha prodotto il Documentario “L’eredità del fascismo”,che in 100 minuti documenta questi “crimini”, con interviste ad alcuni importanti storici italiani ed a testimoni, e spiega la “ragioni” per cui gli autori sono rimasti “impuniti”.
Il Documentario è’ stato acquistato dalla RAI, che però non l’ha mai trasmesso, così come il film “Il leone del deserto”, sulla storia di Omar Mukthar, che ha guidato la ribellione in Libia degli anni 20.
Il nostro Paese deve ancora fare una “seria autocritica” (come ha fatto la Germania),riconoscendo le colpe del fascismo e chiedendo scusa alle “vittime” dei crimini compiuti sulla base di una politica aggressiva e di una ideologia razzista.
Ci dobbiamo augurare “tutti”, senza alcuna distinzione politica, che il futuro dell’Europa sia un futuro di Pace, confidando nelle nuove generazioni, che però devono essere adeguatamente e oggettivamente informate su quanto è accaduto, per evitare che si ripetano gli orrori delle Guerre .
PER NON DIMENTICARE
[ Giorgio Giannini ]
Poesia per un Partigiano
PARTIGIA
Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
quelli che restano hanno i capelli bianchi
e raccontano ai figli dei figli
come, al tempo remoto delle certezze,
hanno rotto l’assedio dei tedeschi
là dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
altri rosicchiano la pensione dell’Inps
o si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c’è congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sarà duro,
ci sarà duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
diffidenti l’uno dell’altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
perché nell’alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno è nemico di ognuno,
spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
la mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non è mai finita.
[ Primo Levi ]
Il Circolo "Giustizia e Libertà" di Roma si unisce al generale cordoglio per la scomparsa del Partigiano Massimo Rendina combattente per la LIBERTA'
Ricordo di un Partigiano
E' morto Massimo Rendina a 95 anni, ex presidente della sezione romana dell'Associazione nazionale partigiani. "Pochi minuti fa è venuto a mancare il partigiano nella lotta di Liberazione, custode e testimone di memoria nel dopoguerra, grande amico - riferisce Paolo Masini, assessore alla Scuola con delega alla Memoria di Roma Capitale - Ha rappresentato una voce libera per Roma e per l'Italia, e l'esempio di come ai nostri giorni sia ancora possibile mettere in pratica e trasmettere in modo alto e nobile i valori di quella grande pagina della nostra Storia che fu la Resistenza. Il nostro abbraccio ai familiari e all'Anpi".
Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha voluto ricordare la memoria del vice presidente dell'Anpi, mandando un messaggio di cordoglio alla moglie "Per la scomparsa di un testimone leale e appassionato di molti decenni della nostra storia". Il presidente della Repubblica ha ricordato la partecipazione di Rendina "alla tragica ritirata di Russia e la successiva, decisa scelta di campo nelle file della resistenza", nella quale assunse il nome di 'comandante Max', distinguendosi "per coraggio e lungimiranza politica". Nel dopoguerra, ha affermato ancora il presidente Mattarella, "fu brillante giornalista e comunicatore, ricoprendo posizioni di prestigio. L'immagine più nitida che mi resta di lui- ha concluso il capo dello stato- è quella, più recente, di instancabile dirigente dell'anpi, al vertice della quale ha saputo difendere la memoria autentica dei valori della resistenza e tramandarla ai giovani con passione ed entusiasmo". Anche il presidente del Senato Grasso ricorda il Comandante Max come "uno straordinario protagonista della resistenza italiana: con il suo esempio ci ha insegnato molto, soprattutto alle generazioni che non hanno vissuto la terribile esperienza della guerra. Grazie per il coraggio di quegli anni e l'infaticabile opera di testimonianza dei valori di libertà e democrazia".
La camera ardente di Rendina, che era nato a Venezia il 4 gennaio 1920, sarà allestita in Campidoglio dalle 12 alle 19 nella Sala della Protomoteca. Alle 13, inoltre, è prevista una breve commemorazione funebre in cui parleranno il sindaco Marino, Masini, Walter Verltroni e il presidente di Anpi Roma Ernesto Nassi. Commosso Marino nel ricordo del comandante Max: "Massimo Rendina è stato uno straordinario custode della memoria di uno dei periodi più difficili della storia della nostra città e di questo Paese. Per decenni ha portato avanti in maniera instancabile la testimonianza e il ricordo della resistenza partigiana con la sua attività all'interno dell'Anpi, con l'impegno professionale e con le lezioni nelle scuole. Rivolgo, a nome di tutti i cittadini romani, le mie più sentite condoglianze ai suoi familiari e ai suoi cari. Roma, medaglia d'oro per la resistenza, non dimenticherà la sua lezione di vita".
Abitava a Bologna e si era appena avviato alla professione di giornalista quando era stato chiamato alle armi. Tenente di Fanteria, al momento dell'armistizio era subito passato con la Resistenza al comando, in Piemonte, di una formazione autonoma alla cui guida, col nome di battaglia di "Max il giornalista", aveva combattuto sino al luglio del 1944. Diventato capo di stato maggiore della I Divisione Garibaldi, aveva preso parte alla liberazione di Torino e nel capoluogo piemontese aveva ripreso la professione a l'Unità. Dal quotidiano del PCI, Massimo Rendina è poi passato alla Rai, come direttore del telegiornale. Docente di Storia della Comunicazione, Rendina, che viveva a Roma, era diventato il presidente della locale Associazione degli ex partigiani e membro del Comitato scientifico dell'Istituto Luigi Sturzo per le ricerche storiche sulla Resistenza.
Nel 1995 ha pubblicato per gli Editori Riuniti, con prefazione di Arrigo Boldrini, il Dizionario della Resistenza italiana.
Addolorato per la scomparsa di Rendina anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: "Ci lascia un uomo straordinario, simbolo della lotta per la libertà contro il nazifascismo e per la difesa dei valori di democrazia e di amore per la patria. A noi tutti resta il compito e l'onore di custodire e continuare a far vivere, attraverso un impegno quotidiano rivolto soprattutto ai giovani, la grande e preziosa eredità che racchiude gli ideali sui cui si fonda la nostra Costituzione. Ai suoi familiari e all'Anpi esprimo il cordoglio a nome mio e della Regione Lazio".
E anche l'Anpi Roma piange la morte del suo ex presidente: "Con la scomparsa di Rendina viene a mancare non solo un protagonista e testimone della Resistenza italiana, ma un lucido intellettuale, una guida sempre attenta ai cambiamenti della società, un esempio per le nuove generazioni a lui molto care". Vicepresidente dell'Anpi nazionale e presidente onorario dell'Anpi di Roma - aggiunge l'associazione - Rendina è stato presidente per oltre 12 anni del Comitato Provinciale di Roma e del Lazio. Nel novembre del 2011, ultimo presidente Partigiano combattente, ha lasciato il testimone ai non partigiani".
Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, parla di "tristezza e cordoglio" per la scomprsa di un "uomo di cultura dalla spiccata concretezza. Rendina ha incarnato i più alti valori della democrazia italiana, trasmettendo in ogni suo intervento il significato più profondo delle scelte che furono intraprese per affrancare il paese dal giogo nazifascista e riconquistare libertà e diritti a lungo negati. Sono certo che la sua testimonianza e il suo incrollabile impegno a servizio della collettività non saranno dimenticati".
"Ricordo Massimo Rendina con affetto e rispetto - dice Riccardo Pacifici, residente della comunità ebraica romana -. Piangiamo la sua morte perché grazie a uomini come lui siamo oggi italiani liberi. Rendina è stato un grande partigiano, la sua figura è stata decisiva nella lotta all'antifascismo e all'occupazione nazista. Persone come lui sono fondamenta della nostra democrazia e l'Italia di oggi si regge sulla lotta per quei valori che lui ha rappresentato"
[ articolo e foto tratti da roma.repubblica.it/cronaca/news – pubblicato da administrator]
L'Ignoranza nella Politica
L’Analfabeta Politico
Il peggiore analfabeta
è l’analfabeta politico.
Egli non sente, non parla,
nè s’importa degli avvenimenti politici.
Egli non sa che il costo della vita,
il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina,
dell’affitto, delle scarpe e delle medicine
dipendono dalle decisioni politiche.
L’analfabeta politico è così somaro
che si vanta e si gonfia il petto
dicendo che odia la politica.
Non sa l’imbecille che dalla sua
ignoranza politica nasce la prostituta,
il bambino abbandonato,
l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi,
che è il politico imbroglione,
il mafioso corrotto,
il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.
[ poesia di Bertolt Brecht ]
Il Genocidio dimenticato
Tutti conoscono la tremenda tragedia della Shoah, cioè lo sterminio da parte dei nazisti di oltre 6 milioni di ebrei.
I nazisti hanno trucidato anche circa 500.000 Rom, i quali, benchè appartenenti al gruppo etnico indoeuropeo, in quanto originari dell'India, erano considerati “ariani decaduti” ed appartenenti ad una “razza degenerata” perchè avevano assimilato le caratteristiche peggiori delle popolazioni dei numerosi Paesi in cui avevano soggiornato nella loro secolare migrazione dall'India.Inoltre, erano considerati “pericolosi”, in quanto “asociali” e con tendenze criminali.
Il genocidio dei Rom ( chiamato nella loro lingua Porrajmos=distruzione) è il più rimosso nella coscienza popolare per la secolare diffidenza che le popolazioni europee hanno nutrito verso questo popolo, arrivato in Europa nel Medioevo.
Subito dopo la “presa del potere” da parte dei nazisti ( con la nomina a Cancelliere di Hitler, il 30 gennaio 1933) molti Rom sono stati internati, per motivi di ordine pubblico, come asociali e per la loro propensione a delinquere, nei Campi di rieducazione, il primo dei quali fu quello di Dachau, alla periferia di Monaco di Baviera, istituito nella primavera del 1933.
Nel dicembre 1938, con l'emanazione del Decreto per la lotta contro la piaga degli zingari, la questione dei Rom, da problema di ordine pubblico, in base alla loro presunta tendenza a delinquere, divenne una “questione di razza”, perchè i Rom attentavano alla “purezza della razza ariana”, come gli ebrei.
Alla fine di settembre 1939, dopo l'occupazione della Polonia, i Rom, come gli ebrei, furono internati nei ghetti istituiti nelle principali città del Governatorato Generale (la Polonia occupata).
Nell'autunno 1942, si decise per i Rom, come per gli ebrei, la “soluzione finale” (cioè la loro eliminazione). Il 16 dicembre 1942, fu emanato il cosiddetto Decreto Auschwitz, che disponeva l'internamento di tutti i Rom europei nel Campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove fu allestito uno specifico settore, denominato Zigeunerlager (Campo degli zingari): il Settore B II E.
La notte del 2 agosto 1944, tutti i Rom presenti, furono avviati alle camere a gas. Si salvarono solo una ventina di bambini, utilizzati dal famigerato dott. Mengele come cavie per i suoi pseudo esperimenti.
Ad Auschwitz e negli altri Lager, i Rom avevano tatuata sul braccio la lettera Z ( iniziale di Zigeuner=zingaro) e portavano il triangolo marrone o il triangolo nero dei criminali.
I nazisti hanno, poi, perseguitato, fin dal 1933, i malati di mente, i malati incurabili ed i disabili perché erano considerati “vite non degne di essere vissute“. Infatti, secondo le teorie eugenetiche utilitaristiche, elaborate alla fine dell'Ottocento negli USA e recepite nella Germania prenazista, erano considerati elementi “improduttivi” per il Reich e pertanto rappresentavano solo un peso economico per la società.
Così, in base alla Legge per la Protezione della prole affetta da malattie genetiche ereditarie, emanata il 14 luglio 1933 per evitare la procreazione da parte delle persone con malattie ereditarie, furono sterilizzate circa 350.000 persone, sulla base della decisione adottata dai Tribunali per la salute della stirpe.
Nell'ottobre 1939, poichè il programma di “sterilizzazione obbligatoria” non era più sufficiente a garantire la “purezza della razza ariana”, si organizzò un progetto di eutanasia per la eliminazione dei disabili, denominato Aktion T 4 (Operazione T 4) dall'indirizzo ( al n. 4 della Tiegartenstrasse di Berlino) in cui aveva sede l'Ufficio preposto. L'Aktion T 4 fu il primo progetto di “eliminazione collettiva”, mediante la “gassazione”, adottata in sei Centri, appositamente istituiti in Ospedali civili e psichiatrici. Nell'agosto 1941, l'Operazione T 4 fu sospesa in seguito alle proteste delle Chiese, dopo che erano state eliminate circa 70.000 persone, di cui 5.000 bambini. Gran parte del personale dell'Aktion T 4 fu impiegato nei Campi di sterminio, istituiti per la ”soluzione finale del problema ebraico”, operanti fino all'inizio del 1945.
Ancora i nazisti, subito dopo la presa del potere, hanno discriminato e perseguitato gli omosessuali, colpevoli solo di essere dei “diversi” per la loro vita sessuale.
Infatti, il 23 febbraio 1933 fu emanato un Decreto che disponeva la chiusura dei locali frequentati da omosessuali e fu proibita l'attività della Lega per i Diritti Umani che sosteneva le battaglie del loro Movimento per l'abrogazione dell'art. 175 del Codice Penale che puniva l'omosessualità.
Migliaia di omosessuali furono internati, come asociali, unitamente ai Rom, agli alcolisti ed ai senza fissa dimora, nei Campi di rieducazione, istituiti fin dalla primavera del 1933. Nel giugno 1935, fu introdotto nel Codice Penale l'art. 175 A che puniva con la reclusione di sei mesi anche le semplici “fantasie sessuali”.
Il condannato,dopo aver scontato la pena, era inviato in un Campo di rieducazione. Nell'ottobre 1936, Heinrich Himmler propose l'eliminazione degli omosessuali perchè considerati dei “degenerati”. Istituì in seguito un apposito Dipartimento per combattere l'aborto e l'omosessualità all'interno dell'Ufficio Centrale per la Sicurezza dello Stato.
L'omosessualità fu anche usata dai nazisti come arma politica per la eliminazione degli oppositori e dei dissidenti all'interno del regime. Così, nella notte tra il 29 ed il 30 giugno 1934,la cosiddetta notte dei lunghi coltelli, furono eliminati dalle SS ( Schutzstaffeln-Guardie di Sicurezza), di cui Himmler era il Comandante, in un albergo di Bad Wiensee, una località termale vicino a Monaco di Baviera,i dirigenti delle SA (Sturmabteilungen- Squadre di assalto), dirette da Ernst Roehm,un amico di vecchia data di Hitler, con il pretesto che l'omosessualità era tollerata nella Organizzazione e praticata dagli stessi dirigenti.
L'omosessualità fu addotta come pretesto per scatenare azioni repressive verso le categorie sociali da perseguitare, come gli ebrei. Al riguardo,la morte del Segretario dell'Ambasciata tedesca a Parigi Ernst Von Rath,in seguito all'aggressione da parte di Herschel Grynszpan, un ragazzo ebreo che aveva avuto con lui rapporti omosessuali, fece scatenare il tremendo pogrom contro gli ebrei nella cosiddetta “notte dei cristalli”, che tra il 9 ed il 10 novembre 1938 portò alla distruzione di circa 250 sinagoghe,di 7.000 negozi ed all'uccisione di un centinaio di ebrei ed all'arresto di migliaia di altre persone di fede ebraica.
Nell'aprile 1938, Himmler dispose che gli omosessuali arrestati per “atti contrari alla morale” fossero internati nei Lager senza processo. La repressione si intensificò, alla fine del 1941 con la previsione della pena di morte per coloro che minavano la “salute del popolo tedesco”. Gli omosessuali internati nei Lager portavano un triangolo rosa, con chiaro intento spregiativo, e svolgevano i lavori più ripugnanti, come lo svuotamento delle latrine; spesso erano vessati ed anche stuprati dai compagni di baracca. Molti, peraltro, hanno subito atroci sofferenze in seguito alle cure mediche loro imposte per cercare di “guarirli”.
I nazisti hanno perseguitato, fin dal 1933, anche i Testimoni di Geova (chiamati in Germania “Bibelfoscher “cioè Studenti della Bibbia), che furono internati nei Lager perchè considerati “oppositori” del regime,di cui avevano messo in evidenza, fin dall'inizio, nelle loro riviste, lo spirito liberticida e guerrafondaio. Anche dopo che il loro Movimento fu sciolto, nel 1935, continuarono a svolgere attività religiosa, diffondendo le loro pubblicazioni, pubblicate all’estero,e facendo proselitismo anche all'interno dei Lager. In particolare, non prestavano il prescritto saluto “Heil Hitler!”, non onoravano la bandiera nazista e non la esponevano alle finestre delle loro case quando richiesto. Inoltre, rifiutavano di svolgere il servizio militare. Per questi reati, furono condannati a pene severe, compresa quella di morte, specie per il rifiuto di arruolarsi durante la guerra. Essi però erano considerati dai nazisti “prigionieri volontari” perchè potevano essere liberati se abiuravano la propria fede religiosa; invece rimasero ”saldi” ( come essi stessi amano dire) di fronte alle brutalità del regime nazista. Nei Lager portavano sulla divisa da internato il triangolo viola. Su circa 20.000 fedeli, oltre 6.000 furono arrestati e almeno 2.000 vennero internati nei lager, dove circa 650 morirono per le malattie e gli stenti. Altri 250 furono condannati a morte, tramite impiccagione o decapitazione, soprattutto per aver rifiutato di prestare il servizio militare durante la guerra.
….. CONOSCERE PER RICORDARE
[ Giorgio Giannini ]
Nel Giorno della Memoria... conoscere è ricordare
La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
(Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947) [ pubblicato da Administrator ]