La Repubblica, Bruno Buozzi e Pietro Nenni

 

Il 4 giugno 1946, in serata, si conoscono i risultati del referendum istituzionale. Ha vinto la Repubblica. Le elezioni dell’Assemblea Costituente registrano un grande successo per i socialisti. Il PSI prende più voti del PCI (20,68% contro il 18,93%) classificandosi come il primo partito della sinistra.

Il 18 giugno la Corte di Cassazione proclama i risultati definitivi. Ecco i dati: Referendum elettori 28.005.449: 12.717.928 voti a favore della Repubblica, contro 10.769.284 per la Monarchia; voti nulli e schede bianche 1.498.138. Assemblea Costituente: 8.101.004 voti (35,21%) alla Democrazia Cristiana, 4.758.129 voti al Partito Socialista (20,68%), 4.356.686 voti (18,93%) al Partito Comunista, voti nulli 1.936.708; schede bianche 643.067 (2,6%).

Nettamente minoritario si rivela il peso della Destra, diviso tra liberali (Unione Democratica Nazionale con il 6,79%), qualunquisti (Fronte dell’Uomo Qualunque con il 5,27%) e monarchici (Blocco Nazionale delle Libertà con il 2,77%). Le elezioni registrano anche una variegata e plurale presenza di culture politiche tra cui, oltre i partiti menzionati, il Partito Repubblicano Italiano (con il 4,36%) e il Partito d’Azione (con 1,45%). Tra i piccoli partiti il Movimento per l’indipendenza della Sicilia 171.201 (0,74%).

La vittoria sul referendum fa decadere la Monarchia (Umberto II° va in esilio; parte per il Portogallo il 13 giugno). Capo provvisorio dello Stato diviene il liberale Enrico De Nicola. Il socialista Giuseppe Saragat viene eletto Presidente della Costituente e Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio (il Governo è composto da DC, PCI, PSI e PRI).

Pietro Nenni nei suoi Diari così ricorda la vigilia del voto:

2 giugno 1946: Romita mi ha telefonato che in tutto il Paese c’è calma assoluta e larga partecipazione di elettrici ed elettori.

4 giugno: giornate di ansia. Solo stasera cominciano a precisarsi i risultati del referendum. La vittoria repubblicana è considerata certa da Romita… il Re, mi ha detto De Gasperi, è rassegnato alla sua sorte. Mentre parlava dei preparativi per la partenza ha detto: ”pensate alle donne. Io posso partire in scialuppa”……Stamattina il bel Peppino (Saragat) che non sta nella pelle, ha raccontato a Togliatti e a me di aver saputo da Lupinacci che la regina Maria Josè ha votato per i socialisti dando la preferenza a lui…… Sono stato nel pomeriggio al Verano sulla tomba di Bruno Buozzi; al mattino a La Storta, sul luogo della sua fucilazione. Povero Bruno! Se vinciamo lo dobbiamo anche al suo sacrificio.

È commovente Pietro Nenni. Sente di rendere partecipe della vittoria Bruno Buozzi che due anni prima era stato assassinato alla Storta dai nazisti in fuga da Roma appena liberata dagli alleati. Il 4 giugno 1944 è siglato l’accordo tra comunisti, socialisti e democristiani per costituire la CGIL unitaria che per volere di Bruno Buozzi ha nella sigla la parola Italia a significare l’apporto e il contributo dei lavoratori per il ritorno della democrazia nel nostro paese.

Nenni rivendica con orgoglio le battaglie fatte contro il fascismo.

Nenni ha una lunga consuetudine di militanza comune con Bruno Buozzi. Hanno una forte affinità di temperamento, di formazione, una tendenza alla osservazione della vita perché tutti e due da giovani hanno dovuto risolvere da soli e subito il duro problema del pane quotidiano e della conoscenza, del sapere. Erano degli autodidatti. Erano coraggiosi. Audaci. Intransigenti sui valori della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza, del lavoro. Tennero alta la fiaccola della fede e della speranza del riscatto dell’Italia. In esilio riuscirono a fare dell’antifascismo un problema europeo e non solo un problema nazionale ed italiano. “L’Italia vera, l’Italia eterna” dicevano Turati, Nenni e Buozzi, non parla dal balcone di Palazzo Venezia ma dall’aula del Tribunale Speciale.

È vero era stata persa nel 1925 la battaglia politica con il fascismo. Vittorio Emanuele III aveva appoggiato il fascismo, dopo l’Aventino, ed in crescendo aveva confermato le leggi eccezionali, lo scioglimento dei partiti e dei sindacati, l’avventura etiopica, le leggi razziali, l’alleanza con il nazismo, la partecipazione alla seconda guerra mondiale.

Dopo il 10 giugno cominciò per gli antifascisti un’altra dura battaglia e in questa battaglia il posto di Bruno Buozzi fu come sempre all’avanguardia. Arrestato a Parigi dalla Gestapo, tenuto lunghi mesi nelle carceri parigine, tradotto in Germania di prigione in prigione, consegnato alla polizia italiana alla frontiera del Brennero.

A contatto col paese egli intuì subito che eravamo nella fase conclusiva del dramma e che bisognava mobilitare tutte le energie popolari per porre fine alla guerra. Da qui il suo incitamento agli operai di Torino di intensificare la lotta. Con Giovanni Roveda organizzò gli scioperi del marzo 1943 che diedero un grande impulso alla lotta contro la guerra fascista.

Il 25 luglio, dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia, viene sfiduciato Mussolini. Il re lo fa arrestare e trasferire prima a Ponza, poi sul Gran Sasso.

La lotta di migliaia di antifascisti ha scavato la fossa al fascismo. È stata la resistenza dei ceti intellettuali italiani e dei ceti popolari che tolse al fascismo ogni linfa vitale.

“Il 25 luglio – osserva Nenni – portava in sé un pericolo che Bruno Buozzi avvertì: il pericolo insito in tutte le rivoluzioni di palazzo, la rivoluzione dall’alto, che vogliono prevenire le rivoluzioni dal basso, incatenandole, sterilizzandole, cloroformizzandole, arrestandole lo slancio creativo. Se dal 25 luglio al 9 settembre i quarantacinque giorni di regime monarchico-badogliano non hanno suscitato le forze di resistenza che il 9 e 10 settembre potevano mutare il destino del paese, è perché i congiurati di Palazzo Venezia e del Quirinale non esprimevano la volontà del paese, erano intenti non a salvare la nazione ma a salvare le istituzioni, gli interessi, gli uomini che per venti anni avevano fatto causa comune col fascismo, erano il fascismo quanto e più dello stesso Mussolini e dei gerarchi in quanto detenevano nelle loro mani la potenza del denaro di cui la potenza politica è soltanto la sovrastruttura o la spuma. Se quel giorno l’esercito non fosse stato abbandonato a se stesso, senza ordini e senza direttive, oggi Roma non sarebbe una città occupata ma noi avremmo conquistato col combattimento il diritto di essere tenuti in conto di alleati”.

Sottolinea Nenni. Coloro che il 9 settembre, quando i popolani di San Paolo e di Testaccio, quando gli ufficiali che reagirono all’onta della resa, quando i soldati che non volevano disertare, chiedevano armi, presero la via di Pescara, hanno preso una via senza ritorno. Storicamente, la fuga di Pescara è l’equivalente della fuga di Varennes e da Varennes si va al Tempio, dal Tempio alla ghigliottina. Non si ritorna in trono.

Nenni, il 4 luglio del 1944, ad un mese dall’assassinio di Bruno Buozzi, in un discorso al teatro Adriano di Roma, dice a presenti: “ora vi leggerò che oggi avrebbe detto Bruno Buozzi se fosse vivo qui con noi. La partecipazioni del nostro popolo alla guerra condiziona il nostro riscatto nazionale. Noi non domandiamo agli alleati nessuna elemosina, ci risparmino le loro sigarette, non ci neghino i fucili che decine di migliaia di giovani reclamano coscienti come sono che è col loro sacrificio che si può rifare il paese.

Finora questo appello è rimasto inascoltato e avremmo fra non molto il diritto di dire che dietro le parole di fraternità si cela un certo disprezzo che non meritiamo e non accettiamo.

La Costituente se ce la offrono come un diversivo elettorale, se ce lo promettono come un espediente che calma e attenua le impazienze, si sbagliano. La Costituente sarà una cosa seria e per essere una cosa seria bisogna che attorno ad essa il popolo monti la guardia senza un minuto di pausa; perché sia una cosa seria essa deve iscrivere nel suo programma tre rivendicazioni principali attorno alle quali il partito socialista chiamerà a raccolta tutti i cittadini d’Italia. La repubblica prima di tutto, una repubblica presidiata dal popolo in armi, che sia l’espressione dei lavoratori, non un dono di classi dirigenti che vogliono salvarsi dietro il berretto frigio. Il processo dei responsabili dell’abuso di potere che va dal 28 ottobre 1922 al 10 giugno 1940, al 25 luglio ’48. La Costituente deve costituirsi come supremo tribunale del popolo per giudicare Mussolini e il re…

Il lavoro fa rinascere la civiltà dove la guerra ha tutto distrutto e saluterà il mondo nuovo che rinasce sulle rovine del vecchio mondo.

Aggrappiamoci a questa speranza, a questa certezza: ci salveremo col lavoro liberato dallo sfruttamento del capitalismo e dal socialismo ricondotto alla fatica senza fatica dei costruttori di una nuova civiltà”.

[ articolo di Giorgio Benvenuto del 4/06/2020 pubblicato  su AVANTI ! online ] 

[nella foto del titolo Bruno Buozzi]              

                                                                                                                             

                                                                                                    ( pubblicato da Administrator )

 

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